Rassegna stampa

L'ASDLI con questa rubrica desidera promuovere una discussione sul tema delle lingue in Svizzera in particolare sulla lingua italiana.

La redazione dell'ASDLI declina ogni responsabilità per il contenuto degli articoli pubblicati in questa rubrica, altresi promuove la trasparenza sulle varie opinioni inerenti la lingua italiana in Svizzera.

Questa rubrica è dedicata agli articoli pubblicati su diversi giornali, che riflettano la corrente di pensiero dell'ASDLI oppure un'altra corrente.

22.08.2016

Berna, evento ASDLI per promuovere la lingua italiana

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12.08.2015 Ecco perché è importante promuovere la lingua italiana nel mondo

apri l'intervista su italia chiama italia

24.01.2014 GIORNALE DEL POPOLO: IL FORUM PER L'ITALIANO AL SUO DEBUTTO A COIRA

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11.06.2013 BZ: ITALIENISCH IST KEINE FREMDSPRACHE

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11.06.2013 BZ: ITALIENISCH SOLL GESTÄRKT WERDEN

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25.04.2013

Corriere del Ticino

Berna Ai vertici, latini quasi assenti

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Petizione al Consiglio federale - Italicità: non solo Svizzera italiana

L’importante convegno degli scorsi 16 e 17 novembre “L’italiano in Svizzera: lusso o necessità?” - tenutosi al Rathaus e all’Aula dell’Università di Basilea – ha dato luogo alla petizione "Italicità: non solo Svizzera italiana" da inviare al Consiglio federale.

La trasmissione FALO' ha dedicato la serata del 13 dicembre 2012 alla lingua italiana in Svizzera.

Bye-bye italiano, auf Wiedersehen?

Le lingue nazionali in Svizzera sono quattro, si sa. Eppure da qualche anno a questa parte, con l'avanzare dell'inglese quale lingua della globalizzazione, i nostri idiomi minoritari fanno sempre più fatica ad affermarsi. Infatti, in Svizzera tedesca a partire dalla terza elementare si punta sull'insegnamento della lingua di Shakespeare e dalla quinta in poi anche su quella di Victor Hugo, mentre in Romandia si lancia dapprima il tedesco e poi l'inglese, tutto a scapito dell'italiano e del romancio. Anche a livello delle scuole superiori sono sempre meno gli allievi che vogliono dedicarsi allo studio di Dante e Orelli, tant'è vero che ormai in ben 7 cantoni, 17 scuole superiori contravvengono all'Ordinanza federale per il riconoscimento dei diplomi di maturità che prevede che ogni liceo debba offrire la scelta tra due lingue nazionali. Falò propone un viaggio attraverso le varie realtà italofone svizzera in cerca di ricette per la salvaguardia della nostra lingua. Ospite della trasmissione il popolare comico svizzero di origine italiana, Massimo Rocchi, che in una recente intervista si autodefinisce “barometro antropologico” della società.

Guarda il video (Flash video)

Guarda il video (L'intervento di Massimo Rocchi)(per una migliore qualità dell'ascolto abbassa il volume nel modulo radio live)

23.11.2012

Un Forum sulla lingua italiana

Il Commento di Raffaella Castagnola

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20.11.2012

Lingue, non solo Svizzera italiana

Giornate di riflessione a Basilea sul ruolo del nostro idioma nella Confederazione

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19.11.2012 La Regione

L'italiano in Svizzera di Remigio Ratti

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PEN

Il Comitato per le traduzioni e i diritti linguistici del PEN Internazionale, promotore del Codice dei Diritti Linguistici, approvato dall'UNESCO il 6 giugno 1996, avendo appreso con sorpresa e rammarico della proposta del Consiglio di Stato del Canton Obvaldo di abolire l’italiano come opzione specifica dalla Kantonsschule Obwalden di Sarnen, si associa all’iniziativa del PEN della Svizzera italiana e retoromancia, già promotore di una risoluzione per i diritti linguistici, approvata al Congresso Mondiale di BLED nell’anno 2005, e invita il Consiglio di Stato del Canton Obvaldo a ritirare la suddetta proposta, rafforzando così il modello esemplare di riconoscimento dei diritti plurilinguistici della confederazione Svizzera. Josep M. Terricabras Presidente del Comitato per le traduzioni e i diritti linguistici PEN Internazionale Barcellona, 10 novembre 2011


Josep M. Terricabras-obvaldo.pdf

Il Pen Club difende la lingua italiana in Svizzera

Il Pen Club della Svizzera italiana e retoromancia, di concerto con il Comitato dei diritti linguistici del Pen International, ha preso posizione sul pericolo di una diminuzione dell’offerta linguistica dell’italiano in Svizzera scrivendo al Consiglio di Stato di Obvaldo a proposito della paventata rinuncia all’insegnamento dell’italiano nel liceo di Sarnen. Il modello trilingue svizzero, considerato dal Pen International un esempio di comprensione linguistica e di valorizzazione delle minoranze linguistiche all’interno di un Paese, non dovrebbe subire rinunce, anche piccole ma significative, di offerta di una delle lingue nazionali. Il Pen Club auspica dunque un pronto ripensamento di Obvaldo in merito all’insegnamento dell’italiano nel liceo di Sarnen. Sergio Roic


SERGIO-ROIC-Il Pen Club difende la lingua italiana in Svizzera.pdf

Un Ticino italico può giocare la partita della lingua italiana

L’altro giorno, su queste colonne è apparso un importante commento di Chiara Simoneschi-Cortesi sulla legge federale sulle lingue e sulla comprensione tra le comunità (LFLing). Simoneschi-Cortesi giudica quest’ultima “una legge a metà” dato che l’ordinanza che promuove la comprensione e gli scambi tra le comunità linguistiche e culturali è pronta, mentre quella che regola l’attuazione del plurilinguismo nell’amministrazione federale non lo è affatto, a quanto pare per resistenze varie che si concentrano innanzitutto sulle spese supplementari che tale ordinanza comporterebbe. La problematica è legata a filo doppio con la presenza di latini e soprattutto di italofoni nell’amministrazione federale. “A questo punto siamo veramente a un bivio” scrive Simoneschi-Cortesi “o il Consiglio Federale dimostra di credere ancora ad uno dei fondamenti della Svizzera e mette a disposizione i fondi per invertire la tendenza nelle assunzioni di latini (in particolare di italofoni) e nell’uso delle lingue minoritarie nell’Amministrazione federale, oppure sarebbe più onesto dichiarare che il plurilinguismo non esiste più. Allora sarà veramente lecito chiederci: esiste ancora la Svizzera?”. Appena due giorni prima, in occasione del grande convegno sulla lingua italiana nel mondo che si è tenuto a Philadelphia, Piero Bassetti si era espresso in questi termini a proposito dei valori culturali dell’italicità: “Ciò che aggrega e accomuna il mondo italico, questa sorta di ‘meticciato antropologico’ valoriale e culturale, sono: valori intrinseci o acquisiti, interessi presenti, richiami che l’Italia di oggi e altri territori italici come il Ticino, divenuti grandi realtà economiche ma in misura crescente anche culturali, hanno ripreso a sentire come propri e vogliono rafforzare”. Tra i fattori accomunanti italici vi è senz’altro la lingua italiana. Essa non è adoperata da tutta la vasta comunità (stimata in 250 milioni di persone) italica globale che usa anche altre lingue, ad esempio l’inglese o lo spagnolo, per comunicare, ma è senz’altro la stella polare attorno a cui ruota la cultura degli italici. L’adesione all’italicità, come si evince dalle parole di Bassetti, deriva da una scelta culturale-valoriale e da una condivisione di gusti, tendenze e orientamenti comuni, ma anche da interessi comuni e situazioni oggettive condivise. Se l’italiano è la stella polare della comunità italica globale, lo è a maggior ragione per i ticinesi nell’ambito svizzero. Orfani della propria cultura e della propria espressione verbale e scritta, essi si sentono, a Berna ma anche in altre città svizzere, un po’ stranieri e molto periferici, per non dire snobbati. La Svizzera del ventunesimo secolo è pronta a riconoscere il grande valore della cultura e della lingua italiana mantenendo di fatto la sua unità nella diversità o intende favorire ulteriormente un regionalismo competitivo che, è inutile negarlo, va quasi sempre a svantaggio delle cosiddette periferie? Aderendo con convinzione all’italicità noi ticinesi potremmo finalmente rompere il cerchio dell’incomprensione elvetica: facciamo parte di un sistema globale importante che ci considera uno dei suoi punti d’eccellenza; possiamo rivendicare una lingua in comune con un altro mezzo milione di italofoni che risiedono nella Svizzera interna; non temiamo confronti sul piano culturale quando ci presentiamo come i vessilliferi di una tradizione millenaria. Ergo: non siamo affatto periferici, se considerati con parametri globali-locali e da un’ottica (Milano-New York-Buenos Aires-Sydney) un po’ più ampia di quella che ci sembra escludere dai giochi che contano nell’ambito della confederazione svizzera. Facciamo allora valere questi argomenti anche sul piano nazionale svizzero rivendicando un forte legame con un sistema-mondo che non può essere negletto nemmeno dalle piazzeforti amministrative ed economiche elvetiche. Né va del nostro ruolo e della nostra dignità in Svizzera e nel mondo. Sergio Roic


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La lingua italiana è una risorsa economica: sfruttiamola

Il grande convegno fiorentino “La piazza delle lingue 2009 – esperienze di multilinguismo in atto” tenutosi nel maggio di quest’anno ha posto l’accento sulla varietà e la complessità dell’approccio al problema delle lingue a livello europeo. Lungi dall’essere snobbata in quest’ambito, la Svizzera, col suo multilinguismo centenario, vi è stata presentata come un autentico “laboratorio d’Europa”. Molte le osservazioni interessanti a proposito del nuovo riassestamento fra le appartenenze linguistiche e i rapporti fra Stati nazionali. Se fino a recente gli Stati nazione erano abbinati ognuno alla lingua maggioritaria parlata sul proprio territorio, lingua che diventava un emblema di valori e cultura interni e una sorta di messaggero presso altre popolazioni, oggi, con l’avvento della globalizzazione, gli intrecci delle varie parlate si sono fatti molto più complessi. Innanzitutto, le logiche di contatto e comunicazione (anche economica) odierne si configurano secondo un modello a rete, o funzionale. Sono le funzioni (logistica, finanza, cultura, università eccetera) a fungere da autentici magneti per interessi, sensibilità e intelligenze a livello mondiale. Queste reti, spesso e volentieri “lunghe” (Zurigo-New York, Milano-Tokyo eccetera), non passano più dalle “dogane” (anche culturali) nazionali e abbisognano di linguaggi funzionali comprensibili e compresi da tutti; da qui il grande successo di una “lingua franca” e altamente funzionale come l’inglese. Anche altre lingue, tuttavia, hanno saputo mantenere la propria importanza e il proprio appeal a livello globale, ma soprattutto a un livello che si potrebbe definire trans-regionale. Una di queste lingue è senz’altro l’italiano, che “funziona” benissimo come il vettore principale di una rete di contatti fra regioni. Oggi in Svizzera l’italiano riveste una funzione non solo “territoriale” (è la lingua portatrice di cultura di un territorio delimitato della Confederazione, la Svizzera italiana), ma anche e soprattutto di ponte fra i centri economico-decisionali d’Oltr’Alpe e le grandi opportunità socio-culturali-economiche in primis dell’Italia del Nord. In questo senso sono da lodare i lungimiranti investimenti per la creazione e la promozione di Centri culturali di prestigio e di indubbio significato anche per l’italofonia in ambito svizzero. Un interessante contributo alla discussione fiorentina – “La Svizzera italiana e il Ticino dovrebbero proporsi come spazio economico elvetico dell’area metropolitana lombarda e bandiera svizzera della cultura italiana e dell’italicità” – permette di posizionare la nostra bella lingua e il nostro sistema culturale secolare in un’ottica che a volte ci sfugge. Essi fungono, infatti, da importantissimo vettore di scambi fra una realtà maggioritaria germanofona e francofona elvetica e l’universo italico che sta a Sud. In più, essi ci permettono di “rappresentare” a livello svizzero una realtà economico-culturale di grande importanza e pregio. In definitiva, oggi l’italiano, in Svizzera, rappresenta anche e soprattutto una grande opportunità economico-culturale. Se la Svizzera italiana e il Ticino in particolare sapranno ritagliarsi il ruolo di rappresentanti di questo vettore socio-cultural-economico presso i nostri confederati, anche la nostra “regionalità” che oggi ci appare periferica rispetto ai centri di potere svizzeri, potrà rivestire un ruolo ben diverso. Potremmo infatti configurarci – se ne saremo capaci – come i portatori di una strategia per la Svizzera italiana adeguata all’odierno processo di glocalizzazione (globalizzazione e insieme localizzazione). Processo che ci permette di inserire il nostro territorio in una dinamica rete sia elvetica sia italica. Sergio Roic


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